Quando la situazione da caotica e precaria rischia di sfociare in una rassegnazione amorfa, si può parlare di tecnica e tattica solo marginalmente.
Una stagione contaminata negativamente a partire dal lontano maggio, oggi non fa altro che presentare il suo sconfortante conto.
Un rapporto, quello tra patron Iervolino e Paulo Sousa, che doveva essere chiuso subito dopo la fine dello scorso campionato. Invece si è trasformato, con la conferma ostinata del lusitano, nell’inizio di una sorta di graduale e irreversibile accanimento terapeutico.
La proprietà desiderava una nuova salvezza tranquilla, un riequilibrio delle casse societarie dopo due dispendiosi tornei e, infine, possibili valorizzazioni di interessanti giovani.
Tre obiettivi ampiamente alla portata dell’ex allenatore della Nazionale polacca, che, però, ambiva al salto di qualità, supportato dall’ausilio di interpreti già sperimentati.
Due propositi compatibili come la maionese e la cioccolata spalmati insieme in un panino soffiato.
Bisognava stracciare tutto, contratti e clausole, e andare ognuno per la propria strada.
Evitando anche di dissertare sul famoso incontro dell’antico centromediano juventino con il Calcio Napoli. Infruttuoso, con contestuale ritorno all’ovile.
Che, a ben vedere, è scenario triste alla stregua del rinsavimento opportunistico del libertino, il quale, senza pentimento alcuno, ritorna dalla fidanzata sostanzialmente ripudiata in precedenza.
Il calcio si regge sulle motivazioni dei protagonisti e le pianificazioni studiate senza tentennamenti.
Esattamente il contrario dello spettacolo autolesionistico messo in piedi dalla Salernitana e dall’allenatore che bene aveva fatto nel torneo dello scorso anno.
Salutarsi senza rancore, prendere coscienza dell’inconciliabilità delle rispettive ambizioni, sarebbe stato il primo passo di una saggia normalizzazione.
Premessa di un nuovo capitolo calcistico, caratterizzato da figure ed orientamenti diversi rispetto al passato appena archiviato.
Con un allenatore entusiasta di giocarsi una chance ed un mercato meno futuribile, svolto sapendo di non poter contare sul fattore valorizzazione assicurato dal coach portoghese.
La forzatura ha generato una serie senza fine di frutti amari e nocivi. Punzecchiature a mezzo stampa, squadra spesso svilita agli occhi della tifoseria e inghiottita dalla conflittualità latente innescatasi tra le due parti colpevolmente in gioco.
E poi, ancora, velleitarie speranze di dimenticare tutto improvvisamente e trovare un punto comune nella concretezza necessaria per raggiungere il minimo sindacale, ossia la terza permanenza in serie A.
La bella Salernitana di appena cinque mesi prima, con una sua identità precisa in entrambe le fasi di gioco, è diventata inevitabilmente solo un pallidissimo ricordo.
Una squadra che attraverso principi propositivi riusciva a giocarsela alla pari con qualsiasi avversaria, si è trasformata in una creatura fragile e sconnessa in tutte le sue componenti. Un team perdente, privo di gamba, idee e motivazioni, con la testa più prossima a nuove e auspicabili avventure calcistiche.
Confusione e approssimazione che, purtroppo, non sono state spazzate via dal cambio in panchina. Cinque punti in sette partite, dopo un avvio disastroso, hanno reso ancora più precario questo tribolato campionato.
Il tempo dei buoni propositi e delle vuote parole costruttive è terminato. La salvezza, di questo passo, sarà solo una chimera. Ed il mercato di gennaio, che arriverà dopo Atalanta, Milan, Juventus e Verona in trasferta, rischia di trasformarsi in un inutile salasso economico.
Intanto, tra la speranza inconsistente di riprendere la navigazione sulla giusta rotta e una sconfitta divenuta compagna di viaggio inseparabile, sarebbe già un’impresa riconquistare la dignità.
Perché le strategie si possono sbagliare, gli uomini che devono realizzarle possono rivelarsi non all’altezza del compito, ma perdere la faccia e l’anima proprio no.
Meno chiacchiere e più fatti, perché gli errori si possono commettere e i campionati sciupare, ma il calcio continua e ti regala sempre la possibilità di rimediare.
A patto che la lungimiranza, venuta meno a partire dalla scorsa primavera, non continui ad essere latitante.
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