Editoriale

La gara quasi perfetta. L’inferiorità numerica e la stanchezza minano la cura del dettaglio

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Il risultato calcistico, spesso per non dire sempre, è figlio dei dettagli e della loro cura. Un aspetto che assume un’ importanza capitale, alla pari dell’organizzazione tattica, delle qualità tecniche, delle doti atletiche e dello spessore psicologico e temperamentale dei protagonisti.

La Salernitana ammirata contro la Juventus, ha offerto una prestazione gagliarda, nonostante le pesanti defezioni cagionate dalla Coppa d’Africa e dagli infortuni.

I granata avrebbero ampiamente meritato un esito positivo, al termine di un match gestito con ordine e tenacia, cattiveria agonistica e compattezza.

Per larghi tratti della contesa, infatti, lo spartito tattico è stato eseguito con maniacale attenzione, lasciando poco spazio al caso e tanta agibilità ad un lavoro sinergico dei reparti.

In fase difensiva, con un 5 4 1 iniziale che si proponeva tre obiettivi di fondo: 1)Impedire il gioco dal basso ai braccetti della retroguardia juventina (Gatti e Danilo), con il lavoro di Candreva e Tchaouna dietro la linea della palla; 2)Lasciare poca agibilità ai piemontesi tra le linee grazie alle uscite dei centrali difensivi e al raddoppio dei due mediani granata; 3)Negare ai bianconeri lo sviluppo esterno in superiorità numerica, costruendo due gabbie di quattro uomini sulle due corsie (Tchaouna, Maggiore, Sambia, Daniliuc a destra; Candreva, Legowski, Fazio, Bradaric a sinistra).

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La Juventus ha fatto enorme fatica a trovare i varchi giusti. Ha provato a scardinare l’assetto difensivo dei padroni di casa con qualche spunto di Yldiz.

Oppure sfruttando le palle inattive scaturite da qualche cross sporco che ha trovato la deviazione in corner.

Nel primo caso, con le buone e le cattive, Maggiore, Gyomber e Daniliuc, pur soffrendo, hanno retto. Sulla seconda situazione, invece, ha giganteggiato Fazio. L’argentino è stato abile a sporcare in maniera decisiva diversi palloni destinati ad alimentare la pericolosità acrobatica di Danilo, Bremer, Gatti, Rabiot, McKennie e Vlahovic.

Pertanto, fase difensiva quasi perfetta, con Costil praticamente inoperoso per l’intera prima frazione di gioco.

Ma i primi quarantacinque minuti hanno visto anche una Salernitana sempre vivida nella ricerca delle sue opportunità offensive. Candreva arretra per assumere le redini del gioco e attivare i tagli di Tchaouna da destra che liberano la corsia a Sambia. Tagli che possono contare anche sul lavoro di Sponda di Simy e servono per innescare sulla corsia mancina la sovrapposizione di Bradaric. Su una di queste trame è nata la palla gol creata dai due ‘quinti’ (cross del terzino croato, conclusione di Sambia neutralizzata da Szczesny).

Chiaro, inoltre, anche l’intento di cambiare il fronte del gioco da sinistra a destra, al fine di creare difficoltà a Kostic nel contenere la catena Sambia-Tchaouna. Su una di queste situazioni, i due uomini di Inzaghi hanno affondato, dialogato ed atteso l’inserimento a rimorchio di Maggiore. Quest’ultimo, supportato da una dirompente ferocia agonistica, ha battuto il portiere bianconero con un piattone interno imparabile.

La strategia granata, infatti, prevedeva anche inserimenti improvvisi dei due mediani nei pressi e all’interno dell’area di rigore bianconera. In precedenza, era stato Legowski a sfondare. Il suo tiro cross, però, non aveva trovato la porta e neppure la deviazione di Simy appostato a ridosso dell’area piccola bianconera.

Primo tempo chiuso meritatamente in vantaggio e grande iniezione di energia ed entusiasmo per la squadra e la sua tifoseria.

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Nel secondo tempo, Fazio e compagni, pur conservando generosità e disciplina tattica, hanno accusato alcuni determinanti passaggi a vuoto nella cura dei dettagli.

Può accadere in una gara assai dispendiosa dal punto di vista fisico e mentale e, soprattutto, gravata da una spossante inferiorità numerica. Quando capita contro una squadra come la Juventus, esperta, cinica e qualitativa, alto è il rischio di pagare dazio.

A partire dal mancato fallo tattico agli albori della percussione centrale di Rabiot, scattato con la palla al piede da una porzione di campo assai distante dalla porta di Costil.

Infrazione commessa, poi, da Maggiore a pochi passi dai sedici metri granata: doppio giallo e padroni di casa costretti a giocare in inferiorità numerica per tutto il secondo tempo.

Questione di dettagli: meno nocivo sarebbe stato affidare l’interruzione del gioco a un elemento con il tabellino disciplinare ancora immacolato. Si è immolato, invece, l’ex spezzino. Troppo stanco, e ancora in trans agonistica per il gol realizzato pochi minuti prima, per frenare la sua impetuosità.

Inzaghi toglie Tchaouna, inserisce Bronn, rivista le posizioni degli uomini in campo (Sambia mezzala, Daniliuc esterno destro, il tunisino braccetto destro della difesa a tre) e vara un 5 3 1 a difesa del fortino.

La squadra si prepara ad affrontare una lunga sofferenza calcistica, ben sapendo che le mura della retroguardia saranno assediate ripetutamente.

La Juve comincia a far girare il pallone da sinistra a destra e viceversa, i granata si muovono compatti da un fronte all’altro. Arriva inevitabilmente qualche cross, ma il tutto viene gestito con relativo affanno e senza rischiare granché.

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L’unico momento critico si materializza con l’inserimento sull’out sinistro di Rabiot, il cui tracciante in area viene impattato male da McKennie che spedisce il pallone sul fondo.

La Salernitana fa fatica ad uscire dall’assedio, ma regge. Però è difficile resistere e non commettere errori quando si è sottoposti ad una pressione costante.

La tranquillità vacilla e la incipiente stanchezza rende più complessa la cura certosina dei dettagli. Da destra arriva l’ennesimo cross in area granata: Gyomber, Bronn e Daniliuc fanno densità centralmente ma non riescono a spazzare il pallone che arriva sui piedi di Iling Junior, il quale, liberissimo, fa partire una saetta che non lascia scampo a Costil.

E di dettagli è anche intrisa la reazione offensiva estemporanea e nervosa dei padroni di casa dopo aver subito il pari. Candreva lavora un ottimo pallone sulla fascia destra, prima di servirlo a Simy, che si libera di Bremer ma, vittima di stanchezza e scarsa lucidità, non trova la coordinazione per battere Szczesny.

La Juve riprende il suo forcing alla ricerca del gol vittoria, la Salernitana continua a scivolare compatta da un fronte all’altro e poco concede ai rivali. Il traguardo sembra vicino, l’agognato risultato positivo ormai ad un passo dall’esser conquistato. Ma, ancora una volta, i dettagli fanno la differenza.

Inzaghi getta nella mischia Ikwuemesi in luogo di Simy. Il ragazzo si sacrifica in un inedito ruolo di centrocampista, all’interno di una sorta di 5 4 0. Ma il nigeriano, non essendo ancora acclimatato alla battaglia condotta dai compagni, contende con scarsa ferocia un pallone allo scaltro Danilo, che glielo sottrae e si invola sulla fascia.

Il finale dell’azione rappresenta gli ultimi due dettagli sfuggiti alla generosa truppa di Inzaghi. Il versatile difensore brasiliano non trova la pressione granata in fase di cross e scodella serenamente un preciso pallone per la testa di Vlahovic, che, indisturbato, colpisce con potenza e supera Costil.

Anche in questo caso, il bomber serbo stacca e indirizza il pallone senza entrare in contatto fisico con nessun difensore granata. Sarebbero stati sufficienti, forse, un’ancata in fase di contrasto aereo, un braccio appoggiato sul petto, una maglia tirata scaltramente verso il basso, per depotenziare uno degli ultimi attacchi juventini.

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Maurizio Iuliano

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