Tutti coloro che sono appassionati di football, almeno una volta nella loro vita, avranno esclamato: “Il calcio è della gente”. Una frase celebre che va, inequivocabilmente, a cozzare con quelle che sono le attuali dinamiche dell’intero sistema “pallonaro”. Uno degli esempi più lampanti è il format adottato per la Supercoppa Italiana: quattro squadre a contendersi il titolo, su gara secca. Il tutto, a migliaia e migliaia di chilometri di distanza.
Tenendo conto di vari aspetti, ha veramente senso disputare questa competizione con le modalità prefissate? Analizziamole. Partiamo da chi ospita l’evento: Dubai. Molti penseranno ad una questione prettamente economica eppure, se andiamo ad analizzare il compenso che ricevono le squadre partecipanti, qualcosa non torna. Otto milioni per la squadra che conquista il titolo e circa 1,5 – 2 milioni per le restanti, oltre ad una somma che va alla lega serie A. Parliamo di società che fatturano centinaia di milioni di euro all’anno. Insomma, briciole al cospetto degli investimenti fatti annualmente.
Un altro aspetto da non sottovalutare è lo spettacolo offerto sugli spalti. Ieri sera, per la semifinale tra Napoli e Fiorentina, erano presenti poco meno di diecimila spettatori. Un vero e proprio smacco verso le squadre, abituate a giocare dinanzi ad un pubblico cinque volte maggiore a quello presente. Ultimo, ma non per ordine d’importanza, è anche il periodo di disputa delle seguenti partite. Infatti, per consentire alle quattro squadre di affrontarsi, è stato penalizzato il massimo campionato italiano costretto a recuperare determinate gare solamente nel mese di febbraio. Possiamo tranquillamente affermare che se semifinali e finale si fossero giocate in Italia – finanche in campo neutro – , ne avrebbe giovato sicuramente lo spettacolo.
Il calcio moderno, Supercoppa a parte, non prevede solo l’assegnazione dei cosiddetti “rigorini tecnologici”, ma tanti altri elementi. Dalle trasferte vietate, all’offensivo numero di biglietti messi a disposizione, per le tifoserie ospiti, nonostante la magica e preziosa tessera del tifoso. Era questo il calcio che sognavamo da piccoli? Con partite disputate dall’altra parte del mondo – con format assolutamente rivedibili – in stadi desolatamente vuoti?
Quando la modernità, diventa sinonimo di regresso.
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