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Salernitana-Genoa: tante partite in una e un enorme rimpianto finale

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Salernitana-Genoa è stata una partita scomposta in tanti piccoli match. Una gara che, da parte campana, può essere archiviata insieme a un gigantesco rimpianto.

I primi venticinque minuti di gioco, al netto dello strappo che ha regalato il vantaggio siglato da Martegani, sono stati tatticamente sofferti per i padroni di casa.

L’uomo contro uomo pianificato da Inzaghi alla vigilia, con Basic inizialmente a fungere da trequartista sul play maker Malinovski, ha costretto la squadra a subire spesso il palleggio avversario. La rotazione dei centrocampisti liguri è riuscita ad eludere diverse volte il 4 2 1 3 granata.

Il primo squillo, infatti, è stato proprio degli ospiti, con Gudmundsson abile ad attaccare lo spazio alle spalle di un Pierozzi uscito in aggressione alta su Spence. Bravo Lovato a scivolare sulla corsia destra e a chiudere sull’islandese.

La densità nella zona palla, con i tre reparti in pressing e pronti a distendersi dopo la conquista della sfera, è apparsa immediatamente più redditizia ma anche estemporanea.

Basic vince due contrasti all’interno di una corposa mischia a centrocampo, il pallone raggiunge Simy che temporeggia prima di servire Candreva. L’ex laziale è lucido nell’attendere la sovrapposizione di Bradaric, il cui cross è capitalizzato rabbiosamente da un Martegani tempestivo nel riempire i sedici metri rossoblù.

Realizzata l’agognata rete del vantaggio dopo appena due minuti di gioco, la Salernitana commette l’errore di non modificare la sua fase passiva.

Invece di compattarsi nella propria metà campo con i dieci calciatori di movimento, per togliere agli avversari linee di passaggio, agibilità sulla trequarti e profondità, Inzaghi continua a giocare sui riferimenti avversari e finisce per pagare dazio.

Malinovski, Badelj e Strootman, ruotando continuamente le posizioni, eludono senza grosse difficoltà la guardia della mediana granata. Avvalendosi dell’intelligenza tattica di Gudmundsson, che si abbassa nella fetta di campo libera sul centrosinistra, riceve palla e si prepara ad affondare indisturbato. Maggiore fiuta il pericolo, abbandona la posizione di metodista davanti alla difesa e converge sul centrodestra. L’islandese serve Retegui, che gioca di sponda ed attiva Badelj, abile ad occupare proprio lo spazio lasciato incustodito da Maggiore.

La difficoltà atavica della retroguardia granata nelle letture preventive facilita la realizzazione del pari di Retegui. Lovato esce in ritardo su Badelj, che controlla il pallone e lo serve all’attaccante argentino nello spazio tra Pierozzi e Gyomber, entrambi fuori posizione. Il primo continua a preoccuparsi di Spence, non si abbassa e manca la diagonale. Lo slovacco, invece, stringe troppo su Lovato.

La Salernitana è in difficoltà, non riesce ad inaridire la circolazione di palla altrui e rischia ancora. Malinovski attacca con un inserimento la fascia destra, difende palla e la serve a Gudmundsson, il quale attiva Spance che giunge dalle retrovie ma il suo cross viene neutralizzato dal tackle di Pierozzi. Passiva e priva di idee, la Salernitana appare in grossa difficoltà.

Urge modificare qualcosa. Nel tentativo di togliere il pallino del gioco agli avversari e allo stesso tempo creare i presupposti per essere meno scontata e macchinosa in fase offensiva. La soluzione consiste nel rubare l’idea ai rivali. Martegani, Basic e Maggiore cominciano a ruotare le posizioni in campo, giocano più vicini, fraseggiano con discreta fluidità. La squadra guadagna campo e uomini nella trequarti avversaria, sfiora il gol con un tiro di Candreva dalla distanza. Gli ultimi venti minuti del primo tempo sono di chiara marca granata, anche se non si registrano grosse occasioni da rete.

Ad inizio ripresa, i calciatori locali continuano a fare la partita, spostando in avanti il baricentro e portando tanti uomini a ridosso dei sedici metri ospiti. Inzaghi ed i suoi ragazzi vogliono vincere e lavorano per riuscirci. La Salernitana gioca con Gyomber e Lovato bloccati, davanti a loro agisce Maggiore, un po’ libero e un po’ centromediano metodista. Pierozzi e Bradaric operano alti e larghi, alla pari di Candreva e Tchaouna. Basic e Martegani sono più trequartisti a supporto di Simy che mezzali.

Una sorta di 2 3 4 1, che impone al Genoa di abbassarsi e fare densità al centro. Candreva e Tchaouna operano dei cambi di gioco precisi per sfruttare i corridoi laterali concessi dai liguri. Arrivano diversi traversoni in area rossoblù, ma i tre centrali difensivi di Gilardino fanno ottima guardia. E sono lesti e attenti, con Bani che stoppa in tackle scivolato il tiro scoccato dal piede destro di Simy.

Le possibilità di successo sembrano concrete, nonostante l’assenza di un cecchino scafato in attacco. Neppure il tempo di immaginare questa prospettiva e Lovato, autore fino a quel momento di una partita puntuale e precisa, regala al Genoa un assurdo rigore toccando il pallone con il braccio all’interno dei propri sedici metri.

Gudmundsson realizza dal dischetto e pone fine ad un assedio granata durato circa trentacinque minuti.

La stagione sfortunata, pochi minuti dopo aver subito il gol dello svantaggio, viene confermata dalla traversa piena colpita da Candreva su una punizione calciata dai sedici metri.

Subito dopo, frustrata nel morale, contratta e timorosa, la Salernitana comincia a smarrire gradualmente la lucidità. L’impostazione del gioco dal basso diventa lenta e farraginosa: i palloni vengono intercettati dal Genoa che riparte, oppure lanciati in avanti per diventare facile preda della retroguardia rossoblù. In questo contesto tecnico-tattico, gli ospiti annusano l’odore del sangue, si schierano con il 4 5 1, diventano più aggressivi e alimentano il disagio dei calciatori di casa.

Gli ultimi venti minuti di partita, compreso il recupero, si trasformano per i granata in un disperato, caotico e improduttivo assalto finale. Zanoli, Kastanos e Ikwuemesi prendono il posto di Lovato, Basic e Tchaouna.

La Salernitana si schiera con un iper offensivo 3 2 5. Gyomber è il perno centrale di una difesa che presenta Pierozzi e Bradaric nelle vesti di ‘braccetti’. Maggiore e Martegani impostano il gioco con licenza d’inserimento, infine il doppio centravanti supportato da Kastanos e Zanoli sugli esterni e centralmente da Candreva.

Copione tattico che non muta con gli ingressi finali di Legowski e Daniliuc in luogo di Martegani e Bradaric. Ultimi fuochi di paglia granata, dettati da grande generosità ma facilmente gestibili da Vasquez e compagni. il difensore austriaco diventa centrocampista aggiunto sul centrosinistra, un paio di estemporanee giocate targate Candreva-Kastanos trovano solo un tiro cross neutralizzato dal portiere genoano Martinez. Simy e Ikwuemesi non riescono mai ad impensierire il muro eretto dalla difesa rivale.

Il triplice fischio finale ci consegna l’immagine di un Candreva affranto, solitario ed esausto a metà campo. Sembra la fotografia della resa, che immortala chi ha speso tutto quello che aveva. Diciassette gare ancora da disputare: toccherà alla società e alla squadra sovvertire un verdetto che lascia sempre meno spazio alla fantasia.

Maurizio Iuliano

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