Triantafyllos Pasalidis, giungendo a Salerno e nella Serie A italiana, è riuscito a coronare il sogno di imprimere una svolta alla sua carriera.
Da anni, soprattutto in Grecia, positive sono le relazioni sulle sue potenzialità calcistiche. Attestati di stima che, però, non si sono mai trasformati in un autentico salto di qualità.
Sulle sue tracce, sin da giovanissimo, si sono mossi i principali club calcistici ellenici. Aek di Atene e Olympiakos lo hanno monitorato a lungo, ma alla fine l’operazione di ingaggio non è mai andata in porto.
Il neo granata, ormai ventisettenne, ha indossato per undici volte la maglia della Nazionale Under 21 greca e assaporato la gioia della convocazione nella rappresentativa maggiore. Esordio, contro l’Arabia Saudita, che non fu però premiato con la presenza in campo.
Da qualche stagione le luci dei riflettori sul suo profilo si sono un po’ attenuate. Fino al recente accantonamento deciso da Pepe Mel, tecnico spagnolo alla guida dell’Ofi Creta, compagine nella quale ha militato nell’ultimo triennio.
In precedenza, altri quattro campionati con l’Asteras Tripolis, sempre nella Super League greca. Il tutto per un totale di circa 140 apparizioni, impreziosite da quattro realizzazioni e due assist.
Sul piano tecnico-tattico, Pasalidis è un centrale difensivo che può agire sia in una retroguardia a tre che all’interno di una linea a quattro.
Ben strutturato morfologicamente ma non eccessivamente prestante (1,85 m), egli è il classico difensore che riesce a far viaggiare insieme fisicità nel corpo a corpo con gli attaccanti rivali e discrete dosi di rapidità e velocità.
Il suo modo di interpretare il ruolo è aggressivo, al punto da non tirarsi mai indietro quando infuria la battaglia agonistica sul prato verde.
Caratteristiche che ben si sposano con i propositi di una Salernitana costretta ad immergersi anima e corpo in un ultimo, disperato tentativo di sopravvivenza.
Un leader temperamentale, che riesce a trasmettere tenacia e determinazione anche al resto della squadra.
Il livello di difficoltà del campionato italiano è differente rispetto a quello del torneo frequentato in patria per sette anni. Il ragazzo, però, porta con sé a Salerno il desiderio di farsi conoscere e apprezzare nel calcio che conta.
Per riappropriarsi della ribalta conosciuta nei primi cimenti professionali. Ma anche per farsi rimpiangere da chi non ha creduto fino in fondo nelle sue capacità. Il modo migliore per coltivare pure l’aspirazione di indossare nuovamente la maglia della nazionale.
Test più probante della massima serie italiana sarebbe stato difficilmente reperibile. Al campo è affidato il responso finale.
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