La campagna abbonamenti 2024/25 della Salernitana è la richiesta di un forte atto di fede alla tifoseria granata. Se abbonarsi è già di per sé un esercizio di profonda devozione ai propri colori, quest’anno ai tifosi dell’Ippocampo tocca un sacrificio in più.
Il riferimento, giocoforza, non può che andare ai prezzi. I vecchi abbonati in curva – la cui prelazione è scattata oggi alle 12 – spenderanno 185 euro per rinnovare; 200, invece, per chi acquisterà la tessera in vendita libera.
Non è poco, ma da altre parti va anche peggio: il settore popolare costerà 200 euro anche per chi tifa Brescia, Sampdoria o Juve Stabia, 235 a Palermo e addirittura 240 (solo per 18 partite) a Catanzaro e Cosenza. Fino ai 255 euro fissati dal Sudtirol per la gradinata del Druso di Bolzano.
Insomma, aspettando Bari e Carrarese (le uniche più in ritardo della Salernitana), il confronto con le altre piazze tutto sommato regge. Ci sono altre big che costano meno (Cremonese, Sassuolo e Frosinone), ma non è questo il punto.
Perché il pricing praticato dalla società di Iervolino contravviene a quanto la tifoseria ha vissuto negli ultimi mesi: Salerno ha assistito ad un girone di ritorno da incubo, lenta agonia verso una retrocessione consolidata con largo anticipo.
17 punti – e tante, tante figuracce – comunque incapaci di piegare una piazza che è scesa in B mantenendo presenza, orgoglio e – soprattutto – una civiltà di cui esser fieri.
La linea della società sembra chiara: è tempo di austerity, e non da oggi. Almeno da gennaio, quando un Sabatini debilitato fu richiamato per tentare il miracolo disponendo di limitatissime risorse.
Tornando un po’più indietro, però, la società ha speso eccome: prima nel 2022-23, per creare – a suon di botti di mercato – una Salernitana nuova di zecca dopo l’instant team del 7%. E poi la scorsa estate, in cui – accanto alle tante scommesse perse – i soldi per trattenere Dia, Pirola, Ochoa e Candreva sono pur sempre stati investiti.
E forse, appurata la quantità, il problema sta proprio nella qualità degli investimenti fatti, più che nella conseguente chiusura dei rubinetti. Insomma, che la Salernitana stia raschiando il fondo del barile è cosa tanto legittima quanto lampante.
Evidente, però, era anche la necessità di tendere la mano ad una tifoseria ferita da un campionato più che mortificante nella sua seconda parte: cosa che, però, non è stata fatta.
Gli abbonamenti costeranno di più rispetto a quelli dell’era Lotito – Mezzaroma, una proprietà piuttosto abile nell’inimicarsi la tifoseria granata al netto degli innegabili risultati sportivi.
Ma, soprattutto, la società attuale ha dato piena continuità alla linea dell’ultimo biennio, imponendo a quelli di sempre un’altra spesa grossa dopo le cifre stellari delle due recenti annate in Serie A.
Difficile scordarselo: il tifoso di Curva Sud ha speso 700 euro in due anni per vedere prima il miglior campionato della storia granata, e poi una delle retrocessioni meno dignitose di sempre. Pagando, per quest’ultima, il secondo abbonamento più caro d’Italia dietro a quello della Juventus.
E ad oggi, francamente, la situazione non desta ottimismo: la Salernitana è partita in ritardo su tutto, è in ritiro con tanti calciatori reduci dal disastro dell’anno scorso, e che – Petrachi docet – rappresentano una pesantissima zavorra su un mercato già sottoposto alla scure della sostenibilità.
Tutto ciò può bastare per parlare di un’annata che non parte esattamente sotto i migliori auspici. Recente passato, presente e futuro: il tifo – si sa – è fatto anche di sofferenza. E atti di fede. Spinti, mai come in questo caso, soprattutto – e forse soltanto – da irrazionale passione.
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