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Cessione del diritto alle prestazioni sportive di un calciatore tra plusvalenze, ricavi, perdite e utili

Analisi contabile delle cessioni del diritto alle prestazioni di calciatori e il loro impatto sulla situazione finanziaria delle società di calcio

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Fonte: ilbollettino.eu
Tempo di lettura: 3 minuti

Le cessioni del diritto alle prestazioni sportive di una pluralità di calciatori effettuate dalla Salernitana e l’alleggerimento del monte ingaggi per renderlo coerente con la serie B costituiscono l’occasione per prendere confidenza con alcuni concetti.

In primo luogo, occorre capire come si contabilizza l’acquisto di un calciatore. Se il diritto alle prestazioni sportive di un calciatore viene acquisto a 6 milioni di euro con un contratto triennale, i 6 milioni di euro spesi vengono iscritti nelle immobilizzazioni immateriali dell’attivo nella voce “diritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori” e per tutta la durata del contratto ogni anno su questa voce si dovranno calcolare gli ammortamenti da portare fra i costi.

Al termine del primo esercizio sociale successivo all’acquisizione del diritto alle prestazioni sportive del calciatore in questione, il suo valore sarà diventato 4 milioni di euro, cioè i 6 milioni di euro di acquisto al netto dei 2 milioni di euro di ammortamento (6 milioni divisi per il numero di anni di contratto).

Se la società, l’esercizio sociale successivo all’acquisto, venderà il giocatore in questione a 6 milioni di euro realizzerà una plusvalenza di 2 milioni di euro, se lo venderà a 4 milioni di euro  andrà pari, se lo venderà a 2 milioni di euro realizzerà una minusvalenza di 2 milioni di euro e così via.

Ma la cessione di un calciatore, indipendentemente dalla circostanza che realizzi o meno una plusvalenza, è prima di tutto un ricavo.

Quello che va chiarito è, però, che anche la realizzazione di importanti ricavi da cessione di calciatori, anche la realizzazione di importanti plusvalenze, non danno necessariamente luogo a utili, e solo questi ultimi sono distribuibili ai soci.

Prima di tutto occorre sgombrare il campo da un equivoco di fondo e cioè che una società, qualunque società, possa facilmente procedere a distribuire somme ai soci in anticipo rispetto al momento dell’approvazione del bilancio.

La distribuzione di acconti sui dividendi è consentita alle società per azioni il cui bilancio sia assoggettato per legge a revisione legale dei conti, deve essere prevista dallo statuto ed è deliberata dagli amministratori dopo il rilascio da parte del soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti di un giudizio positivo sul bilancio dell’esercizio precedente e la sua approvazione.

Inoltre, non è consentita la distribuzione di acconti sui dividendi quando dall’ultimo bilancio approvato risultino perdite relative all’esercizio o a esercizi precedenti.

Occorre, poi, tenere conto non solo delle attività ma anche delle passività e queste possono essere superiori alle prime, sicché in tal caso quel ricavo non genererà un utile distribuibile ai soci ma servirà per evitare l’emersione di una perdita che i soci dovrebbero coprire con ulteriori versamenti.

Il ricavo, dunque, non dà certamente luogo automaticamente a un utile distribuibile ai soci.

Solo se in sede di approvazione del bilancio  (l’esercizio sociale delle società di calcio scade il 30 giugno  e i bilanci vengono approvati nei quattro mesi successivi, sei per le società che si avvalgono di una deroga consentita dal codice civile)  le attività saranno superiori alle passività ci sarà un utile distribuibile  ai soci.

Quando, invece, una società ha passività superiori alle attività gli eventuali ricavi dalla cessione di calciatori serviranno ad evitare che contabilmente si verifichino delle perdite e che i soci debbano metter mano al proprio portafoglio per consentire la continuità della vita aziendale.

Nell’intervista rilasciata recentemente al Corriere dello Sport Maurizio Milan, A.D. della Salernitana, ha affermato che, all’esito della sessione di mercato, la società è auto-sostenibile fino all’inizio del 2025.

Significa, dunque, che fino a gennaio 2025 il socio unico, la IDI s.r.l., cassaforte della famiglia Iervolino, non dovrà effettuare nuovi versamenti per garantire la continuità della vita aziendale.

Cosa accadrà dopo gennaio non è dato saperlo. La proprietà fin qui non ha mai fatto mancare quanto necessario per la continuità aziendale, ed è lecito fare affidamento su questa continuità di impegno ma non posso fare a meno di stigmatizzare che parlare di progetto triennale per il ritorno in A quando finanziariamente l’orizzonte è a brevissima scadenza mi appaiono concetti in contraddizione.

È più probabile che gli esiti di questa sessione di mercato abbiano dato alla proprietà una finestra temporale maggiore per valutare le proposte di cessione che da qui a gennaio arriveranno.

A gennaio, con la presumibile esigenza di altri versamenti da parte del socio unico, l’alternativa tra cessione e continuità dovrà necessariamente essere risolta in un senso o in un altro.

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