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GIACOMO TEDESCO TORNA A SALERNO

Un gladiatore che ha sempre portato in trionfo la casacca granata, un calciatore pronto a lottare con lealtà e professionalità, un uomo che non ha mai smesso di tifare Salernitana...

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Giacomo Tedesco – natio della bella Palermo ed ex centrocampista granata – rientra tra i protagonisti della seconda e storica promozione in massima serie della Salernitana. Un’intelligenza calcistica indiscussa, capace di leggere, interpretare e risolvere dinamiche di gioco elaborate che, miste ad altruismo e fantasia, incantavano chiunque lo vedesse sul rettangolo verde.

Giacomo – classe 1976 – ha giocato a calcio, quasi, fino ai quarant’anni. La passione per il pallone non è mai cessata, anzi, si è trasformata. Il passaggio dalle vesti di calciatore a quelle di allenatore è stato naturale, il coronamento ed il completamento di un percorso, costellato di grandi occasioni, possibilità, non pochi sacrifici e tante soddisfazioni.

Oggi, l’ex regista dell’Ippocampo – con grande entusiasmo – si è raccontato ai microfoni di SOLOSALERNO.IT, esternandoci il batticuore che la Salernitana di Castori gli ha suscitato durante la stagione, ormai, conclusasi con il migliore degli epiloghi.

Giacomo Il tuo legame con Salerno non è mai cessato, anzi, negli anni è maturato e si è consolidato, tant’è vero che a breve, assieme a Luca Fusco, darete vita ad una bellissima iniziativa. Raccontaci com’è nato questo progetto e a cosa mira.

“Tornare a Salerno per organizzare qualcosa sul campo per i ragazzi salernitani era qualcosa che avevo in mente da tempo. Sono rimasto legatissimo alla piazza e mi piaceva l’idea di poter ‘restituire’ calcisticamente qualcosa, chissà, ai figli o alle figlie di chi 20 anni fa era sugli spalti dell’Arechi a tifare per noi. Farlo con Luca Fusco ha un valore doppio. In campo e fuori ne abbiamo passate tante insieme”.

Squadra che vince non si cambia, la collaborazione con il tuo ex compagno di campo, ma, amico di vita è una garanzia, quanto, vicendevolmente, è importante il vostro legame affinché i progetti in comune possano andare in porto?

“Questi primi ‘Granata Football Days’ si terranno il 7-9-11 giugno a Casignano, sul campo della Soccer Academy Luca Fusco. A livello organizzativo, avere una buona intesa è fondamentale per la realizzazione di un camp simile. Per tre giorni dovremo organizzare e allenare bambini e bambine, ragazzi e ragazze dai 5 ai 16 anni e senza un’attenzione particolare ai dettagli questo non è possibile farlo”.

In proposito alla Salernitana, t’immaginavi la promozione al termine della stagione calcistica 20/21?

“Credo che nessuno poteva esserne certo alla vigilia di questa stagione, vista la concorrenza in Serie B per i tre posti promozione e anche alla luce dei tanti problemi di questo anno e mezzo. È stata una cavalcata entusiasmante, anche per chi l’ha seguita da Palermo a distanza e davanti la tv come me”.

Cosa ti ha entusiasmato di più durante la cavalcata granata?

 “Senza alcun dubbio vedere una squadra compatta, che lottava in campo per tutti i 90 minuti più recupero. A mio avviso è stata proprio questa unione a risultare decisiva per la promozione”.

Quale credi sia stato l’ingrediente magico che ha contribuito alla realizzazione del risultato finale?

“Sembra banale dirlo, ma nel calcio non esiste niente di più vero: quando 20-25 giocatori remano tutti verso la stessa direzione i risultati, in un modo o nell’altro, arrivano. Questo mi sembra che sia avvenuto quest’anno alla Salernitana”.

Che parallelismo può esistere tra la “tua” Salernitana e la squadra di Castori?

“Sono passati più di vent’anni, ma l’unica cosa in comune credo sia proprio questa. Sia Rossi, sia Castori sono stati bravi nel plasmare un gruppo unito e vincente. Per il resto credo che le differenze sul piano tecnico ci siano tra quel gruppo e questo, ma sono cambiate tante cose, prima fra tutte il livello del campionato cadetto. Questo però non toglie, semmai aggiunge meriti a questo gruppo granata”.

Quali sono i ricordi più importanti che hai  costruito a Salerno?

“L’affetto della gente, l’amicizia con due famiglie di Salerno che ancora dura e che ogni due anni praticamente mi spinge a tornare proprio dalle loro parti. Poi, assocerò sempre Salerno ai primi anni del mio primogenito, Giuseppe, che infatti è rimasto un grande tifoso della Salernitana”.

Dalla serie B alla serie A quando muta il livello tecnico, fisico e mentale?

“Cambia tutto, radicalmente. In Serie A non basta la sola fisicità, ma serve una dote tecnica completa praticamente in ogni singolo elemento della squadra. Ce ne siamo accorti noi in quella stagione di serie A tra il 1998 e il 1999”.

Come vedi la situazione societaria? Quali potrebbero essere i  possibili scenari?

“Trovo in tutta questa situazione tante contraddizioni. Ad esempio, quando trovi qualcuno disposto ad investire per passione in Serie D o Serie C sono tutti pronti a riconoscerti meriti e sacrifici, a stenderti il tappeto rosso, mentre quando poi quella stessa persona raggiunge il risultato più prestigioso lo costringi a vendere, magari costringendolo anche a perderci dei soldi. A questo punto andrebbe impedito a priori di acquistare una seconda società sportiva. Spero si risolva tutto entro i termini previsti, perché solo i salernitani sanno quanto hanno dovuto aspettare di tornare in Serie A, lì dove una piazza così merita di stare”.

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Sono Raffaella Palumbo, classe 1990, salernitana dalla nascita. Per varie vicissitudine, sono espatriata a Genova da quando avevo 21 anni, nel capoluogo ligure esercito la professione di insegnate. Amo la vita in tutte le sue sfaccettature, non trascuro i dettagli. L'ottimismo, la curiosità, la follia, l'intraprendenza ed il sorriso sono caratteristiche di cui non posso fare a meno. Tra le gioie più grandi della mia vita rientra mia figlia: Martina. La pallavolo, la scrittura, i viaggi e la Salernitana sono le mie principali passioni. La benzina delle mie giornate risiede in tre espressioni che non cesso mai di ripetere a me stessa e agli altri: " VOLERE è POTERE, CARPE DIEM e PER ASPERA AD ASTRA"!!!

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