Nel mio concetto di calcio ci vogliono solo uomini universali, capaci di fare tutto.
Ingegnere Colonello (dell’Armata rossa): uno che era la gioia dei giornalisti. Nelle conferenze stampa usava giusto due parole: Da e Niet.
In pubblico sembrava uno di quelli che vedevi nelle immagini delle tv in bianco e nero. In privato era un padre un filosofo uno studioso di calcio. Secondo alcuni allenatori il Colonnello è uno dei tre uomini che ha cambiato il modo di giocare a calcio.
La sua ricetta? Tre allenamenti al giorno tanto che uno dei suoi giocatori ebbe a dire:
“Arrivato a Kiev, nel primo allenamento, il resto della squadra mi doppiò due volte dopo pochi giri di pista. Se il tecnico non mi avesse trattenuto avrei fatto le valigie la sera stessa”.
Lo disse Belanov, uno che vinse il pallone d’Oro.
Si, perché i suoi allenamenti in ritiro erano il terrore dei giocatori: il primo era una seduta atletica alle 7 del mattino. Durata complessiva tre ore.
Il secondo alle 11 era di tattica. Due ore.
Pranzo.
E altre tre ore a trattare la palla.
Finiti questi allenamenti, si passava alle lezioni di tattica. Tirò fuori un mezzo avveniristico attraverso cui spiegava, fino allo sfinimento, come dovevano muoversi in campo. Il Colonello non era uno sprovveduto, anzi. Era uno che assunse un gruppo di statistici per fare le statistiche ai suoi giocatori,
Adesso la chiamano Match Analysis,
Se chiedete ad un Ucraino chi è il padre del calcio in Ucraina vi dirà: Valerij Vasyl’ovyč.
Andate sui siti specializzati e ci troverete la lista dei giocatori che è riuscito a plasmare. Fuori da quel sistema erano poca cosa.
Tranne uno:
Diventò il suo braccio armato. Diventò tra gli attaccanti più forti mai visti in Europa. Il Colonnello morì a seguito di una emorragia celebrale su una panchina. Ora, su quella panchina, ci siede colui che ha sempre ritenuto il suo figlio prediletto.
Se l’Ucraina è da sempre un posto chiuso, isolato e lontano dai riflettori, l’Olanda si è sempre distinta per l’apertura. È multietnica, antiproibizionista, aperta alle scelte di ogni tipo. Un luogo umido e freddo, ma il calore delle persone l’ha reso un posto migliore.
Rinus Michels è stato uno che il calcio l’ha cambiato. In meglio.
L’ha cambiato usando quello che i suoi giocatori sapevano fare meglio: non farti capire una mazza. Ché quella Olanda era croce e delizia. Delizia perché insegnava ai suoi che il pallone non è chiudersi ma aprirsi e attaccare. Pensare, in soldoni, che il primo attaccante deve essere il libero.
Croce perché perse la partita che non dove non doveva perdere. Perché era favorita perché era più forte e perché si… Sarebbe stata una bella favola.
Tornò, poi, un po’ in Europa, andò a prendere il sole in Messico e tornò di nuovo a casa.
Non aveva più il figlio della fioraia.
Ma aveva lui:
Le mani in faccia, dopo aver visto questo gesto:
Fa capire cosa abbia combinato.
E fa niente che un figlio di un immigrato del Suriname era pronto a raccogliere l’eventuale cross che non arrivò mai.
Su Ucraina – Olanda aleggerà lo spirito di quei due. Che messi vicino hanno pure lo stesso sguardo.
Ovvero di quelli che il pallone l’hanno svuotato per riempirlo di genialità.