“Un arcobaleno che dura un quarto d’ora non lo si guarda più”.
(Goethe)
La vita ci induce ad un moto perpetuo, ad una forma mentis legata al “panta rei”, nonostante tutto e tutti.
Ogni cosa che possa manifestarsi per un periodo di tempo oltre modo lungo, presentando le stesse caratteristiche, non mutando mai, continuando ad essere ciò che da sempre è, tende ad inasprire, corrodere e spegnere gli animi.
La vita dovrebbe essere prevalentemente: esuberanza, passione, entusiasmo, tentativi, scelte, rinunce. Purtroppo, poche volte si ha il coraggio di aprire tutte le finestre della propria vita, affinché si possa cambiare aria. Il senso di protezione innato che regna in ognuno di noi, spesso, è fin troppo radicato, ci induce a preferire la sicurezza degli infissi chiusi attraverso cui, con il buio, meno facilmente, nascerebbe il desiderio di ambire a qualcosa di diverso dall’ordinario, a qualcosa di poco audace, ma più tranquillo.
Molti temono l’irradiazione di una nuova luce, forti dell’idea (ingannevole) che quel bagliore, possa procurare accecamento e non nuove possibilità di vedute, altri hanno paura di perdere l’equilibrio con rinnovate ventate di vita, piuttosto che convincersi che quella corrente potrebbe essere un ritrovato trampolino di lancio, per un tuffo in un presente più sorprendente e coinvolgente.
La chiusura, la staticità, esprimono un senso di sicurezza apparente, dietro cui si cela la paura di vivere a pieno la vita, privandosi della possibilità di enfatizzare le potenzialità positive che regnano in molti essere umani. È bene perdere talvolta l’equilibrio, per poi poterlo ritrovare in situazioni inedite.
Tutto ciò è stato scritto per creare un parallelismo con le vicissitudini della tifoseria Salernitana, la quale, abituata da circa cinque anni ad una condizione di “calma piatta”, si sta come (una parte di essa), abituando a questo stato di cose deleterio e degenerativo. Quindi, è arrivato il momento di riaccendere (in tutti) la voglia sopita, è giunto il momento di desiderare qualcosa di nuovo, qualcosa di diverso che, contribuisca a donare nuove gioie e ritrovate speranze, a costo di soffrire, ma per una giusta causa, per un presente ed un futuro la cui prefazione e lo stesso epilogo, sarebbero esclusivamente da scrivere e non da leggere scontatamente perché, già riportati nero su bianco come è avvenuto finora.
Salerno, come ogni piazza d’Italia e del mondo, merita un presidente che non vesta solo i panni d’imprenditore, ma che sia anche impregnato d’amore per la squadra calcistica rilevata, non solo per fini utilitaristici a cui negli ultimi decenni il calcio si sta abituando, conseguenzialmente sgretolandosi. Se così dovesse continuare ad essere, verrebbe meno il tassello principale di questo sport, ovvero: i tifosi.
Non ci si può stancare di ricordarlo e ripeterlo: i supporters sono coloro senza i quali il calcio non avrebbe la stessa risonanza ed importanza, sono quegli individui che amplificano tutto ciò che ruota dietro ad un pallone. È arrivato il momento in cui a gran voce deve riemergere il senso d’appartenenza, deve tornare in pole position l’orgoglio che è stanco di ascoltare la “favoletta della buonanotte” che favorisce il suo sonno, contrastando la sua vera natura guerriera e battagliera, la quale non attende altro che riprendere le redini in mano e cavalcare verso orizzonti fatti di nuovi inizi.