Abbaiare stanca, è vero. Annuire alle prepotenze ancor di più.
Quanto è triste la vita di chi, al di là dei propri occhiali, non contempla altro che voci in uscita e, soprattutto, in entrata.
Triste, davvero, il cammino di colui che – dal recinto del rischio calcolato – intima:
“Il tifoso deve parlà delle cose che gli appartengono”.
Ecco, appunto.
Allora, in appena due parole, vuole spiegarci cosa significa appartenenza? Non crediamo sia in grado. Potrebbe però spiegarci tante altre cose che – dal mondo sommerso dei suoi affari – hanno reso Salerno e la Salernitana due entità eterogenee.
Non si permetta di dare un prezzo alle nostre emozioni, è un esercizio inutile: le tasche del cuore, del resto, non prevedono cuciture.
Cosa vuol sapere lei di cosa possa appartenere, o meno, a un salernitano. Fra gli attracchi dell’anima, per diritto di nascita, abbiamo ormeggiate due parole che, pur simili, rappresentano l’universo in tutte le sue sfumature: Salernitana e Salernitanità.
Il tifoso è un randagio, ulula, trema e – molto spesso – stramazza al suolo delle sconfitte.
Ma si rialza – sempre – e ancora soffre e latra e combatte finché, soddisfatto, si abbevera alla fonte che rispecchia la luna delle felicità passeggere.
Un tifoso è orgoglioso – si sa – ma non ha mai provato vergogna nel piangere, insieme ai suoi compagni, a centinaia di km da casa. Un tifoso è altruista: divide il sonno, il pane, il pavimento dei pullman ed anche i mal di testa. Si alimenta di desideri, sibilati a mezza bocca, mentre le uscite autostradali si fondono nella voglia di arrivare a destinazione e misurarsi col rivale.
Ogni giornata di campionato – ogni viaggio – rappresenta una fiammella, una speranza che – nella gestione di questi anni – lei ha amabilmente soffiato via.
Ma, in effetti, cosa ne sa lei? L’amore non conosce padroni, né tantomeno, può essere tradotto in un vincolo di bilancio. No, l’amore non è un sentimento scientifico.
Avessimo avuto la frequenza cardiaca cadenzata al battito delle calcolatrici, potremmo affermare che per quella maglia siamo in passivo. Ma no, non è così. Non è per nulla una questione di soldi, la fede non ha prezzo. Non l’ha mai avuto a queste latitudini.
Ha mai diviso un panino del giorno prima, metà e metà con uno sconosciuto, sulla piazzola di un autogrill? Ha mai perso la voce mentre la pioggia batteva e un tabellone, in terra straniera, recitava 2-0? Ha mai provato ad urlare la propria gioia mentre le corde vocali si rifiutavano di obbedire? Ha mai fatto parte di quel fiume illogico che straripa ogni qualvolta un pallone ingrossa la rete? Ha mai sbattuto col ginocchio sul cemento dei gradoni nella foga di un’esultanza?
Non crediamo. Allora cosa mai ne può sapere.
La Salernitana ci appartiene. E non è questione di cazzimma, anzi, è questione di orgoglio, di veracità, di questo, di quello. Insomma, tutto ciò che non capirà mai.
Abbaiare stanca, non sa neanche quanto. Tutto ciò che delimita distanze fra noi e lei, caro Lotito, ci rende solo più felici di essere come siamo.
Tifosi di sua Maestà: la Salernitana.
Non suoi, lei passerà. Per fortuna.