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L’innocenza di maggio

numeri, convenzioni, meste certezze, non sono dogmi, non sono sentenze

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Una strada come tante

Salerno - Stadio Arechi (aerial view)
Salerno – via Salvador Allende

Scritta male su alcuni stradari — importa poco a chi del Cile sa soltanto che è la terra del giovane Valencia — decisamente poco evocativa all’ignaro viandante. Via Salvador Allende è un nastro di strada come ce ne sono tanti al Sud, tra terra e mare. Teatro in giorni anonimi di attività diversamente ludiche, si popola, in tempo di calcio, di luci, infrazioni stradali e bestemmie. È il percorso obbligato che porta allo stadio Arechi, che zelanti conservatori di anticaglie impediscono di chiamare Stadium. Nel campionato che torna bambino si intaserà domenica nelle poche ore che precedono — e nelle tantissime che seguiranno — l’esordio interno con la A.S. Roma, percorso da ruote motorizzate di sportivi, tifosi, monomaniaci. Si passa da lì, dopo insulse e/o velenose prove generali, ad elaborare una storia già scritta, ché la Salernitana la serie A per due anni non l’aveva mai vista.

Le sopracciglia inarcate

Photo by CARLO HERMANN/AFP via Getty Images | edited

Orgoglio, appartenenza, e debita considerazione del tempo che ci si perde appresso vorrebbero diversamente, ma la verità è che la security controllerà ancora se nella lista degli invitati c’è il nostro nome, così come fanno alcuni calciatori contattati in questi mesi. Forse non più imbucati, certamente non più illegali. Ma le sopracciglia si inarcano ancora quando si legge il nostro nome nella tabella di una serie che, pur sempre più povera di contenuti, è la Massima. Un tempo che brucia veloce di fiamma tossica avvenimenti ed informazioni ha già dimenticato quelle cinque settimane. Non qui, qui non è possibile.

5 settimane

Photo by Getty Images | edited

Se i resoconti storici semplificano, se si dimentica per licenza che tutto ebbe inizio a Marassi nel più santo dei sabati di aprile, allora si può facilmente parlare di innocenza di maggio, a indicare il tempo che ci ha fatto diventare adulti recuperando la virtù tipica dei bambini. Un ossimoro tra i tanti del nostro percorso.
Ché i tabellini non bastano. Non potranno mai raccontare quel vento caldo che ci bruciò gote e fronte, tempo lungo ché non ci fu più spazio tra il giorno e la notte. Famelico di fame arretrata e centenaria. Stupito, come può essere sguardo di bimbo che vede materializzarsi il sogno, più bello di come sognato. Un sogno bello e terribile, tortuoso e mai scontato. Sorprendente ed oltre fino alla fine, ché ancora non sembra finita, ché ancora si urla e si scrive: «gol del Cagliari a Venezia».

Adulti, gli innocenti di maggio. Che scoprirono che numeri, convenzioni, meste certezze, non sono dogmi, non sono sentenze. Che, in due parole, si può. Rimontare, riprendere il filo, mettere la punta del naso davanti. Sì, basta la punta. E non è sempre vero che una cosa che brucia si consuma. Non accadde per la passione, per l’energia proveniente da fonti insospettabili.

Abitudini ed attitudini

Federico Bonazzoli | foto Giuseppe Maffia (edited)
Photo by Giuseppe Maffia (edited)

Nel campionato che torna bambino, su quella strada poco evocativa per sportivi e tifosi, i monomaniaci porteranno questo, io credo.

Nomi che c’erano non ci saranno più, di nuovi ne arrivano. Il Calcio, la vita è questa. E forse tra il triplice fischio di Orsato e quello di avvio di Sozza qualcosa si è perso, l’epica ha vacillato. Magari è per questo che conservano anticaglie, all’Arechi, per lasciare inalterato il romanticismo. Ma noi, noi non siamo più gli stessi. Adesso sappiamo che si può, e non perché ce l’abbiano raccontato, ma perché abbiamo visto, l’abbiamo fatto.

Quello con la bocca grande cantava che le vecchie abitudini son dure a morire. È così. Ma ci sono anche le attitudini. Quelle degli innocenti di maggio sono nuove, scartate dalla confezione meno di tre mesi fa. Attitudine al bello, al nuovo, al possibile. Non più imbucati alla festa, non più rassegnati ai dogmi. Credo che ognuno dei reduci cercherà sulle gradinate un volto, una voce di quella sera. Un vento caldo tornerà a bruciare gote e fronte. Un viaggio tortuoso e bellissimo sta per avere inizio. Si può.

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Nato nel 1964, professione ortopedico. Curioso ma pigro. Ama svisceratamente Salerno e la Salernitana. Come sempre accade quando un amore è passionale, è sempre piuttosto critico nei confronti di entrambe.

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