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La stimolante missione di Paulo Sousa: coinvolgere tutti attraverso un calcio gradevole ed efficace

Paulo Sousa dovrà restituire entusiasmo e autostima ad un gruppo in evidente difficoltà. Proverà a trasmetterli con il suo calcio propositivo e stimolante. Pur sapendo di non avere molto tempo a disposizione, in una stagione che dovrà assolutamente concludersi con la permanenza della Salernitana in Serie A.

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Paulo Sousa
Paulo Sousa
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Come una bella giornata di sole, dopo settimane angustiate da temperature rigide. L’avvento di Paulo Sousa nell’universo granata, a ben vedere, può essere assimilato ad una meteorologia dell’anima, che, da sempre, è carattere distintivo del tifoso calcistico.

Radiosità calda e ritemprante che non tarderà a far sentire i suoi benefici effetti anche all’interno dello spogliatoio, dove da un bel po’ di tempo regnano, probabilmente, relazioni ‘polari’, incomprensioni e malesseri sfociati – o prossimi a sfociare – in freddi e muti rancori.

Perché il primo reset da eseguire, ancor prima di addentrarsi nel discorso tecnico e tattico e nelle metodologie del lavoro quotidiano, sarà quello di scongelare insoddisfazioni e frustrazioni fin troppo cristallizzate. Per restituire fuoco emotivo a chi, a torto o a ragione, ha dovuto mordere il freno a lungo oppure assecondare mansioni calcistiche poco aderenti alle proprie caratteristiche atletiche e tecniche.

Chi non ha giocato molto finora, oppure ha reso meno rispetto alle attese, potrebbe continuare a non giocare ed anche ripetere prestazioni negative. Importante, però, sarà coinvolgere tutti nell’impresa lunga sedici giornate che attende Dia e compagni.

L’intero organico dovrà sentirsi considerato e responsabilizzato. Solo la consapevolezza di poter essere potenzialmente utili e determinanti potrà spazzare via indolenze, scoramenti, livori malcelati ed altre negatività assortite. Che, è giusto sottolinearlo, non dovrebbero mai albergare nella mente e nello spirito di un professionista, il quale, però, resta un uomo in carne ed ossa e, quindi, soggetto a crisi identitarie, fragilità emotive e delusioni che, non elaborate e metabolizzate correttamente, potrebbero trasformarsi in rassegnata pigrizia e assenza di motivazioni.

Recarsi alla seduta di allenamento sapendo che quello è il posto dove temperamento, intelligenza tattica e doti tecniche potrebbero mettere in difficoltà l’allenatore chiamato a fare le scelte sulla formazione da schierare, è cosa ben diversa da arrivare al campo covando la certezza che in un plotoncino di quattordici/quindici calciatori, lo zoccolo duro a cui affidare le sorti della stagione, difficilmente si riuscirà a ricavare spazio.

La Salernitana ha bisogno di tutti i suoi effettivi, i quali, sia che giochino o restino a guardare, devono avvertire la fiducia e la motivazione che solo la sicurezza di essere parte integrante del gruppo può regalare.

Nuova luce, almeno si spera, dovrebbe illuminare anche il nuovo percorso tecnico-tattico. Il calcio costantemente mutevole degli ultimi mesi, oscillante tra maldestre spavalderie gasperiniane, risultate quasi sempre nefaste, e tentativi poco convinti – ma più redditizi a livello di risultati – di adottare una strategia attenta a preservare anche gli equilibri difensivi, lasceranno spazio alla filosofia di gioco radicalmente diversa di Paulo Sousa.

E’ non sarà solo una questione di freddi numeri (3-4 1-2; 3-4-2-1; 4-2-3-1), si tratterà di una vera e propria rivoluzione copernicana. Il principio dominante sarà la volontà inesauribile di fare la partita e le due fasi tattiche attraverso il possesso palla.

Perché tenere il pallone e cercare soluzioni offensive diverse, sfruttando le quattro linee verticalmente ma anche temporeggiando con una trama orizzontale, tenderà a disarticolare l’assetto difensivo rivale e a creare quegli spazi in cui infilarsi per trovare e concretizzare le opportunità di far gol.

Però, conservare il controllo delle operazioni sarà anche una strategia difensiva, perché quando sei tu a fare la partita, l’avversario ha minori possibilità di colpirti. Inoltre, tenere il pallone significa distendersi compatti in avanti, alzare il baricentro, facilitare le coperture preventive, stancare i dirimpettai impegnati a recuperare la sfera, perché essi dovranno far ricorso ad un notevole dispendio atletico e psicologico per cambiare l’inerzia del match.

La prima Fiorentina di Paulo Sousa, che terminò il campionato ad un passo dalla zona Champions, era un condensato di organizzazione tattica e di estetica calcistica, quest’ultima orientata a domare gli avversari e non fine a se stessa.

E’ altrettanto vero, però, che le rivisitazioni profonde necessitano di tempo, prima di raccogliere frutti sotto forma di bel gioco e risultati. E di tempo, purtroppo, ce ne sarà poco, perché la squadra granata deve immediatamente fare risultato, per non essere completamente risucchiata nel pericoloso vortice della bassa classifica.

La speranza della società e della tifoseria è che queste tappe intermedie siano elaborate in processi relativamente rapidi. Per consentire alla squadra di blindare in fretta la salvezza e, contestualmente, dare inizio al biennio targato Sousa. Due anni, secondo i progetti dirigenziali, necessari a ridurre le distanze tecniche che separano l’Ippocampo dalle compagini di seconda fascia del calcio italiano.

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