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PINO D’ANDREA: LO SPORT AL CENTRO DI TUTTO

Nel panorama sportivo è fondamentale cercare e trovare una figura che possa accogliere i nostri sogni, prenderli per mano ed accompagnarli alle soglie del viaggio volto alla loro realizzazione.

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Pino D’Andrea

Lo sport va a cercare la paura per dominarla, la fatica per trionfarne, la difficoltà per vincerla.

(Pierre de Coubertin)

Il panorama sportivo Salernitano è costellato da innumerevoli realtà che offrono ad ognuno la possibilità di trovare la propria dimensione. A seconda delle preferenze e delle inclinazioni personali esiste un trampolino di lancio. La distanza tra sogno e realtà può assottigliarsi grazie allo slancio dettato della volontà personale. Raggiungere obiettivi ambiziosi si può.

Dal calcio, al tennis, dal tennis alla pallavolo, la forma sferica della palla, protagonista di molte discipline sportive, cambia spesso la sua dimensione, ma, non muta l’intento ed il richiamo con il quale abbraccia i suoi fedeli appassionati, a qualsivoglia categoria appartengano.

Il coinvolgimento sportivo innesca intrecci di vita quotidiana che, non possono che migliorare la routine di tutti coloro che, fanno dello sport uno stile di vita.

In principio, soprattutto in determinate fasi d’età e della vita, non tutti approcciano all’attività motoria con grinta, decisione, convinzione e consapevolezza.

È necessaria, quindi, una figura che possa fungere da ideatore e promotore. Occorre qualcuno che dia il via ad una concreta pianificazione e attuazione sportiva, facendo viaggiare a braccetto passione e dedizione, veicolando il tutto, da entusiasta traghettatore di sogni.

Riassume la premessa su stante, una personalità di spicco del panorama sportivo salernitano: PINO D’ANDREA,  responsabile dell’Associazione Vela – attività che pone tra i suoi obiettivi la risoluzione del disagio sociale – direttore tecnico del CSI di Salerno, presidente del “ Tennis Club la Carnale” e presidente della polisportiva “Guiscard”.

Pino si è raccontato ai microfoni della redazione di SOLOSALERNO.IT, durante una delle fasi più critiche e delicate, anche, per l’ambito sportivo, generata dall’emergenza epidemiologica legata al COVID-19.  

Partiamo dal principio. Quando lo sport ha iniziato ad essere a tal punto importante nella tua vita, tanto da non limitarti più alla sola pratica personale, ma hai iniziato ad addossarti anche la responsabilità, della diffusione dello stesso, per il beneficio altrui?

A 18 anni ho iniziato a giocare a calcio in una società dilettantistica che era perlopiù autogestita. Dopo poco tempo ne sono diventato il capitano per più di 10 anni. In quel periodo c’era bisogno di una figura che si prendesse la responsabilità di coordinare la parte burocratica, la gestione dello spogliatoio, il rapporto con la Figc ed eventuali sponsor. Accettai subito quell’incarico, che di fatto diede il via ad un percorso di gestione sportiva presente tutt’oggi nella mia vita.

Ti occupi di vari settori legati allo sport, quali: calcio, volley, tennis, stanno subendo tutti la stessa sorte?

Al momento stanno continuando i campionati soltanto le società sportive che partecipano a competizioni di carattere nazionale. Per il resto, a parte il tennis che non essendo sport di contatto non ha subito particolari danni.

Chi sta pagando le conseguenze di questa pandemia è sicuramente il volley, che si porta dietro la grossa problematica legata alle strutture sportive. La maggior parte delle società che partecipano ai campionati infatti hanno come sede sportiva le palestre scolastiche, che in questo periodo sono letteralmente blindate dai dirigenti scolastici. Al netto quindi di poter iniziare (speriamo quanto prima) le attività regolarmente, ci si troverebbe di fronte ad un problema che al momento sembrerebbe insormontabile, nonostante la buona volontà delle istituzioni (comune e provincia), proprietarie degli istituti scolastici, a voler trovare una soluzione. Per quanto riguarda il calcio, la questione è solo legata all’evoluzione della pandemia, quindi lo stop o il prosieguo dipenderà dalle future disposizioni della Figc. 

Hai lavorato tanto anche per dare occasioni di socialità e pretesti di attività motoria alle categorie diversamente abili, che rispondenza avete ottenuto da questi ragazzi? Quanto e cosa hanno dovuto aspettare e fare per avere finalmente questa occasione concreta nell’ambito salernitano?

Lavoro nel campo del sociale da diversi anni, per cui è stato abbastanza naturale comprendere nell’attuale polisportiva, di cui sono presidente, iniziative volte all’inclusione. Uno dei passi che abbiamo fatto in tal senso è stato quello di creare due squadre regionali di “Sitting volley”, maschile e femminile. Il “Sitting volley”, sport Paralimpico, è la variante per disabili della pallavolo ed ha la capacità di coinvolgere insieme persone con disabilità motoria e normodotati. Nei nostri due anni di attività abbiamo visto diverse persone con disabilità vivere il sitting volley come mezzo di riscatto personale, per ricordare a sé stessi che non si è peggiori di altri ,ma, semplicemente diversi. Giocare da seduti abbatte alcune differenze già in partenza. Le altre differenze vengono abbattute dallo sport stesso come mezzo di confronto e linguaggio universale.

Quali credi siano le categorie maggiormente penalizzate – nelle varie fasce d’età – in questa emergenza epidemiologia?

In questa epidemia abbiamo perso un po’ tutti, non riesco a fare una “classifica” in tal senso. Scuola, sport, commercio, ristorazione, chiunque ha subito un danno e continuerà purtroppo a subirlo. Volendo fare un focus sullo sport, posso soltanto dire che uno dei maggiori dispiaceri è dover vietare l’attività sportiva ai bambini e ai ragazzi dei settori giovanili.

Quanto avete avuto modo di vivere lo sport da quando c’è stato il primo lockdown ad oggi?

Dopo lo stop forzato di marzo avevamo interrotto definitivamente l’attività. Da settembre, avevamo ricominciato con le migliori intenzioni, erano partiti infatti calcio a 11, calcio a 5, pallavolo ed i rispettivi settori giovanili. È durato un mese, dopo di che ci siamo ritrovati a dover giustamente fermare l’attività per l’emergenza Covid-19.

Avete adottato metodi alternativi per ovviare alla lontananza dagli impianti sportivi con i vostri alteti?

A marzo abbiamo utilizzato zoom per fare qualche riunione di squadra, quest’anno ancora non ci siamo organizzati, poiché c’è la speranza che passi il più presto possibile questo stop. Intanto il nostro preparatore atletico, dopo il mese di preparazione fatto in presenza, ha dato delle indicazioni alle atlete per allenarsi a casa.

Prima del nuovo stop da parte del governo, avevate apportato modifiche strutturali all’interno degli impianti sportivi per la messa in sicurezza?

Non avendo strutture di proprietà o in gestione diretta, non abbiamo potuto apportare nessuna modifica strutturale, abbiamo però cercato di rispettare alla lettera i protocolli anti Covid delle varie Federazioni sportive a cui siamo affiliati.

Avete ricevuto supporti economici per affrontare l’emergenza?

Abbiamo avuto il contributo di 800 euro a fondo perduto dal Dipartimento per lo Sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Qual è la tua previsione futura?

A gennaio ripartiranno i campionati dilettantistici di calcio, mentre per gli sport indoor di contatto resterà il problema degli impianti sportivi. Se non si vuole penalizzare le società che non hanno l’impianto, l’unica soluzione potrebbe essere quella di selezionare strutture disponibili (non scolastiche), metterle a disposizione delle società e creare dei campionati ridotti o con formule diverse. Resterebbe il problema della preparazione atletica pre-campionato, ma facendo iniziare i campionati a febbraio/marzo si potrebbe dare la possibilità alle società di fare una preparazione atletica.

Oggi più che mai che impatto ha l’assenza dello sport di squadra nella quotidianità degli individui?

È soprattutto questo periodo in cui manca lo sport di squadra, perché è l’unico capace di stimolare l’autodeterminazione, la solidarietà, lo sviluppo delle relazioni positive, la spontaneità e la corresponsabilità dei ragazzi.

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Sono Raffaella Palumbo, classe 1990, salernitana dalla nascita. Per varie vicissitudine, sono espatriata a Genova da quando avevo 21 anni, nel capoluogo ligure esercito la professione di insegnate. Amo la vita in tutte le sue sfaccettature, non trascuro i dettagli. L'ottimismo, la curiosità, la follia, l'intraprendenza ed il sorriso sono caratteristiche di cui non posso fare a meno. Tra le gioie più grandi della mia vita rientra mia figlia: Martina. La pallavolo, la scrittura, i viaggi e la Salernitana sono le mie principali passioni. La benzina delle mie giornate risiede in tre espressioni che non cesso mai di ripetere a me stessa e agli altri: " VOLERE è POTERE, CARPE DIEM e PER ASPERA AD ASTRA"!!!

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