Si sapeva che non sarebbe stata una passeggiata di salute, ma la Salernitana ha vinto la gara restando presente mentalmente, tatticamente, tecnicamente e agonisticamente.
Un atteggiamento intriso di caparbietà e consapevolezza, che ha saputo riscuotere anche il gradito omaggio della buona sorte, benevola in un paio di circostanze.
La fortuna aiuta gli audaci, dice un antico adagio, e mai come questa volta la massima è riuscita a vestire alla perfezione la prestazione dei ragazzi di Martusciello.
Una squadra sorpresa inizialmente dall’aggressività a tutto campo del Cittadella, abile a rubare il pallone e a riproporsi portando movimento senza palla e uomini a ridosso dell’area campana. Fino a trovare meritatamente il gol con Rabbi e sfiorare il raddoppio con la staffilata di Vita respinta da Sepe.
Un complesso, quello di Gorini, inedito rispetto al passato. Perché l’abituale nidiata di giovanotti di belle speranze è scesa sul prato dell’Arechi accompagnata anche dai trucchetti del mestiere. Falli preventivi e costanti, utili ad innervosire e sfibrare l’avversario, ma non tali da essere puniti con il cartellino giallo sistematico.
Il merito di Daniliuc e compagni, superati i complicati quindici minuti iniziali, è stato quello di adeguarsi ad una partita anche un po’ diversa dalla sfida pianificata alla vigilia.
Appurata la difficoltà ad imporsi sul piano del palleggio tecnico, i calciatori di casa hanno iniziato a parlare lo stesso linguaggio calcistico degli avversari.
Corsa, fisicità, temperamento, ripartenze dopo aver conquistato la seconda palla o approfittato degli errori di manovra altrui, palle inattive da attaccare con cattiveria. Ad essi si è aggiunta l’aggressione immediata degli spazi sui palloni scaricati velocemente da Simy per eludere il pressing.
La Salernitana ha saputo interpretare la partita sporca imposta da Branca e compagni. In questo contesto tecnico-tattico rivisitato in fretta, le mezzali (Maggiore e Coulibaly) hanno supportato, tra alti e bassi, il tridente offensivo.
I terzini (Daniliuc lucido e propositivo) hanno fornito nuovi riferimenti ai facitori di gioco. Amatucci, pur non ripetendo in toto la prestazione contro lo Spezia, ha ricordato la sua fondamentale importanza nell’economia della manovra granata. Il talentino scuola viola distribuisce palloni ordinatamente, al netto di qualche errore fisiologico dettato dalla stanchezza. Sempre lucido, con le buone e le cattive, nelle letture preventive tese a stoppare o a rallentare la riproposizione offensiva rivale. Spesso determinante (vedi il pallone servito a Daniliuc) nel confezionare assist vincenti.
Volontà di non lasciare punti per strada e temperamento, però, necessitano anche di qualità nella rifinitura e nella finalizzazione dell’azione. Nel primo tempo è mancato soprattutto questo.
Kallon è stato una spina nel fianco, ma le sue iniziative hanno sempre lasciato qualcosa per strada in termini di concretezza, determinazione e precisione. Simy ha lavorato bene di sponda, ma negli ultimi venti metri ha palesato frenesia e macchinosità. Valencia, complice anche il duro trattamento riservatogli da Carissoni, ha spesso operato con le spalle rivolte alla porta e non è mai riuscito a puntare la difesa veneta.
Le partite durano novanta minuti, avere in panca la qualità in grado di approfittare della crescente stanchezza avversaria è una chiave tattica fondamentale per ogni allenatore.
Opzione ben nota ad un mister navigato come Martusciello. Uno dopo l’altro, sono apparsi sul terreno di gioco gli elementi più qualitativi ed estrosi della rosa: Tello, Verde, Braaf, Bradaric e Sfait. La Salernitana ha terminato il match con un 4 2 3 1 a trazione anteriore.
I primi tre non sono ancora al top della forma, ma possiedono la personalità per gestire lucidamente il pallone e concepire giocate in grado di spaccare la partita.
Il Cittadella ha cercato di mantenere alto il suo tasso di aggressività, ma il pressing, non essendo più coordinato e reattivo, è riuscito solo a contenere ma non a inaridire del tutto la crescita tecnica della Salernitana.
I padroni di casa, al netto di un paio di conclusioni dalla distanza di Braaf, non sono riusciti a creare granché. Però hanno costretto i ragazzi di Gorini a rintanarsi progressivamente a ridosso e all’interno dei propri sedici metri.
Ed alla fine sono crollati, perché i giocatori di qualità ed esperienza, pur non essendo al massimo delle loro possibilità fisiche, tirano sempre fuori dal cilindro le intuizioni capaci di castigarti.
I due gol granata sono la dimostrazione plastica di questa antica legge del calcio. Amatucci serve un cross chirurgico al famelico Daniliuc, che beffa Kastrati con un preciso colpo di testa.
Verde si accentra, ha la possibilità di azionare il suo educato piede sinistro per calciare in porta ma, saggiamente, serve Sfait. Quest’ultimo, dopo aver gestito in precedenza velleitariamente diversi palloni, ricorda a se stesso di avere talento e regala un prezioso e illuminante assist a Simy. Il nigeriano, che di reti ne ha realizzate tante in passato, addomestica bene il pallone di destro e realizza di sinistro il sigillo che vale tre punti.
Fortunato perché senza la deviazione di Angeli la sfera non avrebbe centrato lo specchio della porta? Probabilmente si, ma la preparazione è comunque meritevole di elogio per la freddezza e la lucidità dimostrate. Se in passato hai messo a segno un’ottantina di gol in un quadriennio speso nei due principali tornei italiani, qualcosa dovrà pur significare.
Fortuna che ha strizzato l’occhio alla Salernitana anche in occasione delle due rocambolesche traverse colpite dagli ospiti. Se il pallone fosse finito dentro, la montagna da scalare sarebbe stata ancora più impervia.
Ma, in tutta onestà, parlare semplicemente di successo fortunato, significherebbe fare un grosso torto ad un gruppo coeso che, pur consapevole dei suoi limiti attuali, ha sondato tutte le strade possibili e immaginabili per conquistare i tre punti.