Spesso e volentieri, in maniera più o meno avventata e superficiale, abbiamo sentito parlare delle ombre – o presunte tali- che avvolgono l’associazione italiana arbitri. Ma quanti conoscono le reali problematiche interne di un’associazione, tanto bella quanto dannata? Da ex associato, posso affermare con assoluta certezza che i veri problemi che minano la credibilità dell’aia sono argomento conosciuto a pochi prediletti, che hanno subito in maniera diretta o indiretta, il disastroso modus operandi attuato dal presidente uscente Marcello Nicchi, nel corso dei suoi dodici –infiniti- anni al comando.
Uno dei primi “ribelli” ad aver dato il via ad una battaglia legale verso l’associazione ed il suo ex condottiero, è stato sicuramente Claudio Gavillucci di Latina, arbitro dismesso dalla Can A a luglio 2018. Da quel preciso momento, l’arbitro laziale – assistito dal suo legale avv. Gianluca Ciotti , anch’egli un tesserato Aia- intraprese un vero e proprio percorso, per far luce su quelle che erano state le votazioni delle sue partite, a detta dello stesso Gavillucci , manipolate a fine campionato dalla commissione, per farlo retrocedere all’ultima posizione della graduatoria finale.
Alla fine di una lunga contesa, fatta di ricorsi, sentenze, fascicoli ed interviste televisive – rilasciate senza il permesso del presidente Nicchi- la vicenda Gavillucci è terminata con un duplice epilogo: se da un lato, è fallito il suo tentativo di stravolgere la graduatoria finale della stagione 2018, che avrebbe consentito un suo clamoroso reintegro in organico – cosa che tra l’altro aveva ottenuto in prima istanza, una gioia interrotta dalle successive sentenze- dall’altro, l’arbitro laziale ha avuto un grande appoggio da migliaia e migliaia di associati, in nome di una battaglia che aveva ed ha tutt’oggi un unico obiettivo: riportare all’ordine del giorno la parola “trasparenza”, per troppi anni sulla bocca dell’ex presidente Nicchi – “parole, parole, parole soltanto parole, parole tra noi”- ma mai tramutata in fatti concreti. Proprio in merito alla sua battaglia, l’arbitro laziale ha pubblicato un’interessante autobiografia –“ L’uomo nero, le verità di un arbitro scomodo” (2020)- in cui racconta meticolosamente aneddoti, relazioni arbitrali modificate e tanto altro.
Attualmente, Gavillucci ha abbandonato l’associazione italiana arbitri, trasferendosi a Liverpool per motivi lavorativi, senza però rinunciare alla sua grande passione: dal 2019, infatti, appartiene alla confederazione degli arbitri inglesi, dirigendo le gare della National League, più o meno corrispondente al campionato di serie D nostrano.
A prescindere dalla storia di Gavillucci, ci sarebbero tante e tante altre cose su cui riflettere, ma non basterebbe un semplice editoriale. L’unica cose che ci possiamo augurare è che il neo presidente dell’Aia – Alfredo Trentalange , ex arbitro internazionale, oltre che ex responsabile del settore tecnico – riesca a gestire l’associazione in maniera diametralmente opposta a Nicchi, agendo in nome di una trasparenza utile a non minare la credibilità in primis degli arbitri, vittime di un sistema mal gestito, oltre che dell’associazione stessa.
Una trasparenza troppe volte bistrattata, da un ex dirigente che aveva reso l’ambiente poco meritocratico e troppo di “Nicchi..a”.